martedì 6 novembre 2007

SU...SU, SUDDITI E SULTANI


Dovete sapere, cari amici del blog (o forum che dir si voglia) che nella vita prima o poi ti accorgi di recitare un ruolo e di poter essere in posizione di 1.sudditanza o, viceversa 2.di supremazia. Nel qual caso, il primo, piangi (e io, modestia a parte, sono un professionista), nel qual secondo caso, godi.

Ebbene, mentre i nostri cari amici fanno i manager in giro per il mondo (Valeria a Nuova York e Maurizio a Barcellona), a me e la povera Grace è toccato vestire i panni dei miseri ed insulsi sudditi.

I SUDDITI
Avidamente ci contedemmo le chiavi della dimora affrescata, dove fanno capolino vasi di pregio, specchiere fastose e pietre di diamante. Ancora ho nelle orecchie la umile e dolce voce di Grazia, povera stella di un misero firmamento, che mi sussurra: "Dammi le chiavi, per questa sera, permettimi di infarinarmi per una sola ora nella nobiltà, consentimi di fingere di essere io come una vera baronessa". Non immaginava che io il giorno prima, peccando arditamente, ero furtivamente entrato nella possidenza nobiliare e avevo finto, vestendo un finto cappotto di panno e una borsa fatta di cartone, di tornare dalla Spagna. Pateticamente avevo acceso un misero pezzo di legno raccattato per strada simulando il far di un uomo che fuma un sigaro...

Ma poi, poi si torna alla realtà, un servo fedele non tradisce i suoi sultani.
Lungamente viaggiai sotto le intemperie, il vento gelido della buia città mi sferzava il volto, ma non potevo non accogliere la nuova baronessa Rita la quale, dopo avermi massacrato di messaggi (chiedendomi se fosse possibile anticipare, posticipare, anticipare ancora e poi di nuovo posticipare l'appuntamento) si presentava al cospetto della residenza blindata, e di cui noi avidamente e gelosamente custodivamo le chiavi manco fosse lo scrigno dei segreti, con tanto di News Beatle...
E mentre in me saliva la rabbia bestemmiatrcie perchè con i mezzi c'avevo messo una vita soffrendo il freddo e il gelo; da buon suddito ho mantenuto l'impegno di consegna e sfoderando un sorriso di circostanza che celava frustrazione ma al tempo stesso rappresentava gioia per il dovere compiuto ai padroni, mi sono licenziato con un doveroso ed umile inchino.

1 commento:

graceluce ha detto...

ah ah ah ah!!! sei uno scrittore comico!...
confermo quanto narrato dal suddito Luca...
chissà se un giorno anche noi diventeremo signori di un gran palazzo reale...